IL NAZIONALISMO ARABO

La storia

NASSER IN EGITTO

PRESENTAZIONE In ogni guerra la prima vittima è sempre la verità, tuttavia dal 2003, quando Collin Powell, allora segretario di stato degli USA, accusava falsamente l'Iraq del possesso di armi chimiche, tutte le inchieste e le valutazioni storiche su quanto accade nel Medio Oriente e nel mondo hanno scoperchiato l'orrore celato dietro la nostra esportazione di democrazia. Era l'Occidente democratico ad impiegare le bombe al fosforo bianco contro la resistenza irachena a Falluja e sempre in Occidente i prigionieri di Guantanamo seviziati come ad Abu Graib (Afganistan) da parte dei soldati dei paesi cosiddetti"democratici". Proprio in Afganistan non abbiamo visto solo i bombardamenti a tappeto che non avvicinavano per niente alla vittoria, abbiamo visto tutta l'ipocrisia dietro i discorsi sulla liberazione delle donne, quando il governo filo-occidentale di Karzaj ha approvato una legge che permettesse ai mariti di togliere il cibo alle proprie donne se non li soddisfacevano sessualmente. Abbiamo avuto gli orrori nel Kurdistan, più recentemente in Kazakistan, Ossezia, Ucraina. Abbiamo avuto le rivelazioni di wikiLeaks con più di 90000 documenti. Dalla caduta del muro di Berlino tutti i media davano certo un futuro senza più guerra eppure non abbiamo avuto un solo giorno di pace, dai bombardamenti in Jugoslavia la NATO, alleanza difensiva, non solo cominciava ad espandersi verso est ma opera fuori dai propri confini. Ad accompagnare l'esportazione di democrazia con le bombe non mancano le campagne di disinformazione per convincere l'opinione interna dell'inevitabilità della guerra, del unico "mondo possibile", della "reductio ad itlerum" dei leaders dei movimenti avversi:Milosevic, Saddam-Hussein, Keddafi, Putin, ecc.. Sullo sfondo rimane sempre il conflitto tra israeliani e palestinesi, oramai perpretato da 75 anni e come ogni tragedia umana dimostra la falsità e l'inconsistenza dei trattati portati avanti dai burocrati pacifinti. Sebbene i media mainstream presentano gli eventi attuali, essi non possono essere compresi se non si traccia un profilo storico del mondo arabo, "la storia insegna ma non ha scolari". NAZIONALISMO, MOVIMENTO PANARABO E I PARTITI COMUNISTI Dopo la seconda guerra mondiale abbiamo visto un enorme sviluppo della rivoluzione coloniale, probabilmente il più grande movimento dei popoli oppressi nella storia dell'umanità. In Asia, Africa, America Latina, decine di popoli combatterono per la propria emancipazione nazionale. Il mondo arabo, oggi al centro degli interessi economici e strategici dell'Imperialismo, fu teatro di un risveglio imponente: dall'Algeria all'Iraq, passando per l'Egitto, la Siria, la Palestina e altri ancora, tutti i Paesi arabi furono attraversati da movimenti rivoluzionari laici e progressisti, a dispetto della propaganda borghese che tende a dipingere le popolazioni arabe come "naturalmente inclini" al fondamentalismo. Questi movimenti di massa costrinsero l'imperialismo, specie quello britannico e quello francese, a ritirarsi. Anche se diversi paesi come l'Egitto e l'Iraq avevano già ottenuto, prima del conflitto mondiale, l'indipendenza politica formale, i regimi al potere continuavano ad essere strettamente legati alle ex potenze coloniali. I movimenti rivoluzionari nei paesi coloniali del secondo dopoguerra furono dunque il tentativo messo in atto dai popoli arabi di avviarsi verso l'effettiva indipendenza. Ovunque si formarono repubbliche democratico-borghesi i cui governi, in un primo momento, si fecero spesso promotori di politiche progressiste. Tuttavia, 50 anni dopo, l'indipendenza delle ex-colonie sembra essere ridotta al nulla. Tutti i paesi arabi continuano a restare legati al carro dell'imperialismo attraverso il meccanismo del mercato mondiale e, sebbene non vi siano forme di governo esplicitamente coloniali come i protettorati e i mandati (fatta eccezione per l'Afganistan e l'Iraq dove è in atto un tentativo di controllo militare be burocratico diretto da parte dell'imperialismo), questi paesi, nei fatti sono più asserviti di quanto non lo fossero in precedenza. NAZIONALISMO ARABO Il progetto del nazionalismo arabo e dei nascenti movimenti nazionalisti borghesi che nel dopoguerra si endavano sviluppando in tutto il mondo coloniale, era quello di fondare un capitalismo nazionale indipendente, magari in grado di competere con l'imperialismo. Alla base della diffusione dei sentimenti nazionalisti vi erano le trasformazioni economiche che la penetrazione profonda del capitalismo imperialista aveva operato in Medio Oriente. Più il capitalismo penetrava in profondità più spesso determinava sottosviluppo e dipendenza. La stessa piccola e media borghesia urbana e rurale subì un processo di pauperizzazione e cercò di sfuggire alla miseria aggrappandosi all'esercito che , come vedremo, tanta parte avrà nello scoppio delle rivoluzioni. Oltre agli obbiettivi classici del nazionalismo borghese (l'indipendenza economica e politica), il nazionalismo arabo conteneva anche l'aspirazione alla riunificazione della nazione araba: è impossibile capire un solo avvenimento in questa regione del mondo se non si parte dalla premessa che c'è una sola nazione araba, con lingua, coscienza e cultura comune, nonostante le varie identità nazionali che si sono sviluppate più di recente. È sufficiente un rapido sguardo alla cartina per capire immediatamente come il vasto territorio abitato dalla nazione araba sia stato diviso arbitrariamente tracciando linee rette sulle sabbie del deserto e creando stati artificiali. L'Iraq, la Siria, il Kwait, la Giordania, il Libano ecc... sono creazioni assolutamente artificiali, stabilite dagli imperialisti per rafforzare il loro controllo sugli interessi strateggici vitali della regione. Infatti, a conclusione della "CONFERENZA DELLA PACE" di Parigi del 1919, simposio delle potenze vincitrici della guerra imperialista, venne approvata la seguente risoluzione: "È compito della conferenza separare alcuni territori comprendenti, per esempio , la Palestina, la Siria, i paesi arabi a est della Palestina e della Siria, la Mesopotamia, l'Armenia, la Cilicia e probabilmente alcuni terrirori dell'Asia Minore, e promuovere lo sviluppo delle loro popolazioni sotto la guida di agenti come mandatari della Società delle Nazioni". Per fare un esempio, gli attuali stati della Siria e del Libano sotto l'Impero Ottomano erano legati da stretti rapporti economici ed amminastrativi. L' imperialismo francese pensò dunque di creare una barriera artificiale fra i due territori e di consolidare, attraverso innumerevoli provocazioni, una tensione fra i due paesi che dura ancora oggi. La Giordania (originariamente TransGiordania) venne inventata , invece, a tavolino tracciando una linea lungo il fiume Giordano: i territori ad ovest erano destinati ai sionisti che in base alla "Dichiarazione di Balfour" si apprestavano a creare un "focolare nazionale" in Palestina; i territori ad est del Giordano, l'attuale Giordania, dovevano servire a soddisfare gli arabi in modo che la Gran Bretagna potesse dedicarsi più agevolmente a sviluppare l'insediamento del "focolare ebraico" su quanto era rimasto della Palestina. Ma così non fu: l'ingerenza tipica del divide et impera dell'imperialismo fu all'origine del dramma della questione palestinese. Per Raggiungere l'obbiettivo della frammentazione della nazione araba l'imperialismo ha cinicamente promosso e sfruttato la discordia e gli antagonismi fra le diverse comunità religiose (musulmani sciiti e sunniti, cristiani ortodossi e maroniti, drusi, ebrei, ecc...). Il pretesto della tutela dei diritti delle minoranze fu utilizzato dagli inglesi nel corso della cosiddetta Conferenza della Pace di Parigi del 1919 per giustificare il loro dominio e gettare i semi di alcune delle tensioni più gravi che affliggono ancora oggi i paesi arabi. Gli inglesi dicevano agli arabi di non poter dare loro l'alto Iraq poichè è conteso con gli assiro-caldei e a questi ultimi, invece, dicevano che l'alto Iraq è conteso dai Curdi e così realizzavano la strategia del devide et impera. Inoltre, una volta istituiti i mandati, le potenze mandatarie (Francia e Gran Bretagna) decisero di servirsi delle minoranze per far funzionare l'amministrazione. Impieagati e funzionari venivano scelti fra ebrei e cristiani in Palestina e fra le varie comunità cristiane in Siria e in Iraq. Manovrare, strumentalizzare le minoranze serviva così ad indebolire la struttura del futuro stato indipendente in modo da avvantaggiare la penetrazione del vecchio colonizzatore. Tuttavia, nonostante le discordie e le tensioni che si trascinano fino ai giorni nostri e di cui gli unici responsabili sono gli imperialisti, la causa prima di tutti gli avvenimenti turbolenti che hanno scosso il Medio-Oriente a partire dalla fine della prima guerra mondiale è riconducibile all'aspirazione delle masse a riunificare la nazione araba, spartita a pezzi dall'imperialismo britannico e francese nel corso della Conferenza della Pace. -------------------------------------------------------------------------------- Nazionalismo arabo Dunque nei movimenti nazionalisti che si svilupparono nel monado arabo l'obbiettivo comune riguarda la fondazione di un capitalismo indigeno indipendente e di una borghesia nazionale forte in grado di competere con le borghesie dei paesi imperialisti. Tuttavia, stando alla dialettica interna del Comintern, la borghesia nazionale nei paesi coloniali è entrata nella storia troppo tardi, quando il mondo è stato gìà suddiviso tra un manipolo di potenze imperialiste. Per questo motivo, non è in grado di giocare alcun ruolo storico ed è destinata a rimanere subordinata alle borghesie dei paesi imperialisti. Le borghesie in Asia, America latina e Africa sono strutturalmente deboli e troppo dipendenti dal capitale straniere per poter competere, ancora oggi. Anzi, attualmente è pure peggio: le borghesie dei paesi ex-coloniali, infatti, si sono sviluppate sul terreno preparato del dominio coloniale prima e dell'imperialismo poi e traggono così i propri profitti dalle attività economiche e industriali dettate dalle multinazionali straniere. Non solo queste borghesie sono dipendenti dal capitale straniero, ma sono anche legate da mille fili con la classe dei proprietari terrieri: capitalista cittadino e proprietario terriero sono spesso la stessa persona o persone legate da vincoli familiari. In questo contesto viene osteggiato qualsiasi serio tentativo di riforma agraria in grado di modernizzare l'agricoltura e di migliorare le condizioni dei contadini poveri.Per questo motivo, anche dopo le rivoluzioni democratico-borghesi avvenute nei paesi coloniali, le varie economie di questi paesi continuavano a restare sostanzialmente monocolturali e d'esportazione, proprio come deciso dal ex-colonizzatore. Nella sostanza,la rivoluzione coloniale non ha reso effettivamente liberi i paesi arabi dall'imperialismo perchè ha lasciato tali le precedenti strutture economiche e sociali, lasciando sempre aperta la possibilità dell'imperialismo di tornare a penetrare, magari attraverso forme di dominio differenti da quelle propriamente coloniali. Per questa ragione l'unica classe con ampie possibilità per un ruolo coerentemente rivoluzionario in questi paesi risulta essere la classe dei lavoratori operai, alleata con i contadini poveri, organizzata con i metodi propri della lotta di classe (sciopero generale e manifestazioni di massa), fornita di un programma di liberazione nazionale che mentre porta avanti i compiti classici della rivoluzione borghese (indipendenza nazionale, lotta all'assolutismo, diritti democratici e liberali, riforma agraria, ecc..), spezzi anche il legame con l'oppressione del capitalismo internazionale nazionalizzando le risorse proprie e ponendole sotto il controllo democratico dei lavoratori. I lavoratori restano dunque il motore principale della lotta contro il capitalismo non per una qualche "ragione sentimentale" ma a causa del posto particolare da loro occupato nella storia delle società: senza il loro apporto della forza-lavoro non si può produrre niente. Questa teoria è confermata dall'esperienza della rivoluzione russa nel 1917, e come per lo sviluppo delle teorie sociali il suo sviluppo non risulta lineare. Come giustamente osservava Lenin, "la storia conosce ogni genere di trasformazioni". Purtroppo nel mondo arabo e accaduto che alla testa dei movimenti rivoluzionari di massa non si pose il proletariato organizzato autonomamente ma settori della piccola e media borghesia, cui si aggiunsero pezzi dei vari eserciti in collisione in con il capitale straniero. Tuttavia, questi leader nazionalisti borghesi dovettero appoggiarsi alla classe operaia per portare avanti i loro progetti, anche se i lavoratori avevano un ruolo marginale, dipendente, fungendo da support passivo all'azione di guerriglie, eserciti, ufficiali. In alcuni casi (Siria e Yemen) il processo approda alla presa del potere politico ma sempre in versione caricaturale della "Rivoluzione Permanente" teorizzata, a suo tempo, da Lev Trotzky. Le economie di questi paesi, pur avendo ottenuto l'indipendenza politica, restavano dipendenti dal capitale straniero e per risolvere l'impasse, sviluppare le proprie forze produttive, un'economia indipendente, le tecnologie e lo sviluppo sociale le direzioni nazionaliste la via dell'esproprio della borghesia. Questi sviluppi, pur rappresentando un notevole passo in avanti, non permettevano la nascita di una autentica democrazia operaia. Il potere politico, infatti, non era nelle mani dei lavoratori ma concentrato nelle direzioni guerrigliere oppure nella burocrazia di stato, facilitando la costituzione di caste burocratiche privilegiate non sottopposte al controllo dei lavoratori e dei contadini. Nella maggior parte dei paesi arabi, comunque, la rivoluzione non uscì dal quadro dei rapporti sociali ed economici propri del capitalismo, anche se le varie direzioni si fecero promotori di importanti nazionalizzazioni. Eppure le dimensioni di massa del movimento, il suo carattere rivoluzionario e la presenza dei partiti comunisti costituivano fattori oggettivi che avrebbero potuto condurre a esiti differenti. Per comprendere l'evoluzione dei processi che seguirono alle rivoluzioni nel mondo arabo e dunque indispensabile considerare non solo il ruolo svolto dai nazionalismi, ma anche l'apporto dei lavoratori organizzati dai partiti comunisti, con particolare attenzione ad alcuni avvenimenti sviluppatisi negli anni 50-60 ed alla guerra di liberazione algerina. -------------------------------------------------------------------------------- NASSER E L'IDEALE PAN-ARABO L'esempio più lucido di come anche nei paesi arabi le borghesie nazionali non possano svolgere alcun ruolo progressista ci viene offerto dalla situazione in Egitto prima del 1952. La borghesia egiziana traeva vantaggi economici dalla sua dipendenza dal capitale britannico ed il suo partito storico, il Wafd, era apertamente schierato con la corona britannica nel corso della guerra di liberazione dell'Europa dal fascismo. I sentimenti delle masse erano decisamente antibritannici. Mancando un partito rivoluzionario, portavoce delle istanze popolari, il malcontento della popolazione venne raccolto da vasti settori in seno all'esercito. Molti giovani ufficiali, pur non sostenendo il fascismo, speravano in una disfatta tale per gli alleati che gli consentisse di cacciare, una volta per tutte, gli inglesi dall'Egitto. Il 26 gennaio 1952 un milione di operai e contadini scendevano in piazza per contestare la monarchia, corrotta e semifeudale, del re Farouk. L'ala più avanzata del movimento nazionalista si senti incoraggiata dalla mobilitazione popolare e il 23 luglio, sotto la guida del colonnello Nasser, un gruppo di "ufficiali liberi", come si autodefinivano, con un golpe piuttosto pacifico deponevano la monarchia e segnavano l'inizio del corso democratico-borghese in Egitto. I "liberi ufficiali" lanciarono un ambizioso programma di industrializzazione del paese ma la borghesia locale si mostrava immediatamente indifferente, se non in molti casi apertamente ostile, al nuovo corso. Così Nasser veniva spinto a cercare sostegno tra i lavoratori e per consolidare il consenso sociale promulgava una serie di riforme sociali (garanzie contro il licenziamento, giornata lavorativa di sette ore, assicurazione contro malattie e infortuni, ecc...). Il supporto dei lavoratori, però, doveva restare passivo, quindi nel tentativo di neutralizzare eventuali proposizioni indipendenti accolse, solo fino al 1958, il Partito Comunista all'interno dell'apparato statale, dopo aver fatto giurare ai suoi dirigenti che non avrebbero più svolto "attività politiche". In politica estera nei primissimi anni Nasser agiva nell'illusione di poter convincere gli americani ad impegnarsi nel progetto di sviluppo del capitalismo egiziano. Nella prima metà del 1956 il progetto di costruire una diga sul Nilo -che avrebbe incrementato la superficie delle terre coltivabili- fu oggetto di una lunga contrattazione tra gli americani ed i britannici. Gli imperialisti finirono con il negare l'assistenza tecnica e finanziaria, definendo il progetto non redditizio e concorrenziale alla produzione occidentale. Per tutta risposta, Nasser, decise di nazionalizzare la compagnia privata (con capitale prevalentemente britannico ) che amministrava il nale di Suez per poter ricavare gli utili necessari alla costruzione della diga. Fu una decisione dettata da esigenze di carattere economico ma dal significato decisamente anti imperialista, al tempo stesso. Questi eventi furono percepiti in tutto il mondo arabo come un passo fondamentale verso la liberazione e la riunificazione araba e segnarono un punto di svolta: la Siria si federò con l'Egitto formando la RAU (Repubblica Araba Unita), le masse arabe pronte a travolgere i confini tracciati arbitrariamente dalle potenze europee e sulla spinta dell'entusiasmo popolare per la nazionalizzazione del canale di Suez e la fallita aggressione militare di Gran Bretagna, Francia e Israele, il regime nasseriano cominciò a creare gruppi di pressione in Iraq, Libano, Tunisia, Arabia Saudita e Kuwait. Il progetto pan-arabo, di unificazione araba, andava a scontrarsi direttamente con gli interessi dell'occidente che chiuse le porte dei rapporti economici diretti. L'orientamento anti imperialista di Nasser, oramai, divenne talmente accentuato da stringere i rapporti con l'URSS che già nel 1955 aveva cominciato a fornire materiale militare e cominciò a finanziare anche la diga sul Nilo. Tuttavia, i rapporti con l'Unione Sovietica non erano certamente nei piani del regime egiziano, passato in soli cinque anni da un inclinazione filo-USA ad una collaborazione con l'Unione Sovietica. Nasser, al di là delle alleanze che si trovava a stringere, intendeva conquistare la più ampia possibilità di manovra fra i due blocchi, vantaggiando lo sviluppo del capitale nazionale. In ogni caso, l'avvicinamento all'URSS non impedì l'avvio nel 1958 della persecuzione anticomunista nel paese da parte del regime. Nasser approfittando del consenso politico accumulato, tentò di sferrare un colpo mortale al movimento comunista dei paesi arabi, la cui influenza continuava a crescere, principalmente in Siria e Iraq. Centinaia di militanti - molto ben conosciuti per via della collaborazione con il governo - vennero catturati e spediti nei campi di internamento. La rete non veniva gettata solo sui comunisti, ma su ogni specie di uomini di sinistra, questi ancora più pericolosi perchè non schedati. Dopo la soppressione dei partiti venne organizzato un partito unico, l' Unione Socialista Araba, utile ad irrigimentare la popolazione. La demagogia socialista crebbe a dismisura e addirittura nel programma politico si dichiarava di far proprio il "socialismo scentifico" adattandolo alla realtà dei paesi arabi ma il programma degli "ufficiali liberi" trovava comunque nelle strutture operaie indipendenti una minaccia alla propria egemonia interna. Come ogni economia, anche quella egiziana aveva una continua necessità di espandersi,la sua borghesia compì ingenti investimenti all'interno della RAU, soprattutto in Siria che nel 1961 si ritirò dall'unione. L'economia entrò in uno stato di impasse dovuto sia all'impossibilità di trovare sbocchi per le proprie merci che all'arretratezza tecnologica. L'illusione di poter di poter trasformare l'Egitto in una potenza capitalistica si arenava di fronte ai limiti imposti dalla storia e dall'imperialismo. Per difendere e accrescere i patrimoni e i privilegi accumulati nel giro di pochi anni Nasser cominciò a erodere le concessioni delle riforme in favore dei lavoratori. Scoppiarono scioperi ovunque, rivolte contadine, riapparve la "lotta di classe" e il protagonismo delle masse minacciava ulteriormente l'egemonia degli "Ufficiali Liberi". Gli ultimi anni del dominio di Nasser sono caratterizzati dall'uso dell'esercito per reprimere ogni germe di opposizione nelle fabbriche e nelle campagne. La morte di Nasser nel 1970 segnò l'abbandono del progetto di un capitalismo nazionale indipendente e la borghesia egiziana, ansiosa di cambiare strategia si avvicina ulteriormente all'imperialismo USA.

PARTITO BA'ATH IN SIRIA ED IRAQ

Il partito della rinascita araba, Ba'ath, venne fondato nel 1943 da un gruppo di intellettuali siriani che affermavano l'idea di costruire una comunità nazionale araba, il cui fondamento fosse innanzi tutto la lingua e la cultura arabe e non la religione islamica. Il nazionalismo, sostanzialmente, doveva prendere il posto della religione, divenendo una versione laica della stessa e contemporaneamente offrire un'alternativa al socialismo sovietico. "Gli arabi non sono una piccola nazione che possa accettare un messaggio nato nelle condizioni particolari dell'occidente", questo rappresenta la spina dorsale del pensiero ba'athista. Il Ba'ath dunque nacque come movimento nazionalista con un programma esplicitamente laico per certi aspetti simile ad altri partiti come l'Istiqlal marrocchino ed il neo-Destur tunisino. Durante e subito dopo la guerra esso trovò appoggio tra i giovani della piccola borghesia, appartenenti a minoranze religiose e culturali che accusavano le classi dominanti semifeudali, in prevalenza musulmane sunnite, di asservimento all'occidente. Tra queste minoranze la principale era quella cristiana di rito greco, seguita da alawiti e drusi. Nei primi anni '50 settori del Ba'ath cominciarono a definirsi, impropriamente, socialisti e indirizzarono la loro attenzione verso l'Unione Sovietica. In una sorta di variante terzomondista del giacobinismo europeo, la rivoluzione, non trovando una borghesia disposta ad abbattere le strutture feudali esistenti, doveva appoggiarsi sugli altri strati popolari, lavoratori e contadini, rimarcando il modello socialista sul quale basare l'indipendenza nazionale. I ba'athisti siriani furono tra i maggiori artefici di questa conclusione, origine delle diverse correnti politiche all'interno del movimento ba'athista che, nel frattempo, estende la propria influenza nell'esercito siriano, in Giordania, Iraq e nel '56 contribuì a fondo per l'unione fra Siria ed Egitto. Questa scelta corrispondeva all'obbiettivo dell'unità araba, ma anche a un interesse più immediato: competere con il partito comunista siriano, la cui influenza elettorale cresceva impetuosamente. Sono rimaste celebri le polemiche tra Nasser ed il presidente sovietico Kruscev che portarono i comunisti siriani, contrari all'unificazione con l'Egitto, ad essere superati a sinistra dal partito ba'athista, più consono alle aspettative delle classi popolari entusiaste dal panarabismo e dall'antimperialismo realizzato da Nasser in Egitto. Il grosso limite della proposta della Rau era certamente il fatto che questa non nasceva dagli ceti inferiori, ma rispondeva alle preoccupazioni del regime nasseriano, intenzionato ad allargare il mercato per le proprie industrie. L'unificazione araba non aveva niente di reazionario, al contrario era un progetto che tendeva ad eliminare i confini fittizi e non poteva far altro che procurare grossi fastidi all'imperialismo e alle sue possibilità di penetrazione, ma permetteva anche di mobilitare le masse aprendo prospettive che potevano oltrepassare la rivoluzione democratica. Negare il valore dell'unità araba, come fatto dal partito comunista siriano, e non rispondere alle aspirazioni delle masse siriane suscitate dalla RAu, impedì ai comunisti di intervenire ed aprire le contraddizioni a proprio favore nella crisi aperta dopo soli tre anni dalla nascita della federazione. La borghesia siriana, danneggiata dalle nazionalizzazioni di Nasser, cominciò ad agire clandestinamente contro la Rau con l'aiuto dei militari. Nel 1961 un colpo di stato militare ritira la Siria dalla federazione. Lo stesso Ba'ath prese parte al putsch, contribuendo a far svanire il progetto della federazione. Tuttavia nel 1963 il Ba'ath giunge al potere in Siria, fonda la Guardia nazionale, suo braccio armato e comincia una serie di limitate nazionalizzazioni che già dall'esperienza della Rau provocò largo scontento nelle fila della borghesia, dipendente anch'essa dal capitale straniero. Inevitabilmente tali tensioni divennero un conflitto aperto, all'interno del Ba'ath, tra l'ala al governo e le istanze più popolari, sensibili alle contraddizioni sociali ed inclini a rimarcare il modello sovietico. Quest'ultime erano maggiormente presenti tra la popolazione ed all'interno dell'esercito, fu così che nel 1966 l'ala sinistra prese il potere, strinse i rapporti con l'URSS e impostò una nazionalizzazione spinta dall'esproprio completo della borghesia. Si instaura un regime, per via di lotte interne e non con una mobilitazione popolare, dove il capitalismo viene in qualche modo superato ma difettoso sul versante democratico, privo di una struttura di controllo dei lavoratori sul modello dei soviet. Il proletariato ed i contadini erano assolutamente immobili ed erano chiamati ad un sostegno passivo, segnali di una impostazione autoritaria del nuovo regime. In Iraq, intanto, il Partito Comunista, illegale dal 1958, vede il ritorno del proprio segretario dall'esilio ed il generale nazionalista Aref venne nominato presidente ed una feroce repressione venne riservata alle forze fedeli a kassem, comprendenti una parte dei comunisti a lui fedeli malgrado le ostilità. La prospettiva unitaria con la Siria contrapponeva il Ba'ath ai nazionalisti, tuttavia ad opporsi ad essa furono proprio i Ba'thisti iraqeni, divisi al loro interno con i "moderati" che chiedevano un intervento siriano. Aref approfittò di questa divisione interna del Ba'ath e concentrò il potere nelle sue mani con l'aiuto dell'esercito, mise il Ba'th fuorilegge incarcerando i suoi deirigenti. Ma l'impopolarità del regime aprì la strada ad una rivincita, nel 1968, del Ba'ath, quando il leader Al Bakr organizza un golpe accusando Aref di corruzione e passivismo verso Israele nella guerra dei sei giorni. Il nuovo regime, guidato dalla corrente moderata del ba'athismo, si rivolgeva alla mobilitazione popolare e diffidava del principale lascito della rivoluzione del 1958, ossia l'organizzazione democratica dei contadini e degli operai. Formò comunque, nel 1973, un Fronte Nazionale con l'adesione del Partito Comunista, integrandolo e rafforzando l'apparato dello Stato, nazionalizzò completamente l'industria petrolifera (Ipc), confiscò senza indennizzo le terre dei latifondisti, elettrificò il paese, incrementò i salari ed introdusse misure di sostegno sociali ai lavoratori, sviluppò un moderno ed efficiente sistema sanitario e scolastico. Non mancarono, però, i segni di una veloce degenerazione come nepotismi e corruzione, privilegi di cerchie ristrette mentre i lavoratori incrementavano la produzione con turni di 10-12 ore al giorno e lo sviluppo continuamente ritardato dagli armamenti che assorbivano le entrate petrolifere. I curdi a partire dal 1975 ripresero la lotta contro il governo oppressore dopo la breve tregua del 1970. Nel '79 salito al potere, Saddam Hussein, con la corrente di cui ne era a capo, ingaggiò una battaglia per eliminare nel partito le correnti avverse ed ingaggiò una decisa epurazione fra la direzione. Venne eliminata ogni opposizione interna al paese e i sindacati del petrolio vennero messi fuori legge. Nel 1980 la rivoluzione komeneista, in Iran, preoccupa così tanto gli americani che armano e finanziano l'Iraq, offrendo a Saddam una consulenza militare permanente, uniformi, munizioni, macchine da guerra, tecnologie salvo poi rivelarsi un sostenitore anche dell'Iran. La missione modernizzatrice del Ba'ath, iniziata nel 68, porta come risultato un impoverimento di massa reso ancora più esasperato dalle continue aggressioni imperialiste seguite alla prima guerra del golfo e da dodici anni di un embargo che colpirà le famiglie irachene. L'incursione imperialista del 9 Aprile 2003, con l'arresto e la condanna del Presidente Iraqeno, ha oramai aperto un fase di instabilità e di convulsioni sociali e politiche in tutto il Medio Oriente. Una fase che si protrae fino ad oggi ed ai giorni a venire, la cui sola prospettiva di pace potrà trovare risposte nella fine dell'unipolarità imperialista del capitalismo in piena crisi.

RIVOLUZIONE IRAQENA 1958

Nel 1921 l'imperialismo britannico impose, allo stato artificiale dell'Iraq, il re FAisal, un monarca che doveva "regnare senza governare" secondo il governo britannico. Ciò provocò un'ondata di ribbellione di massa in tutto il paese nel corso dcegli anni 20. Nel tentativo di arginare questo movimento, nel 1930, la Gran Bretagna modificò la forma del proprio rapporto di dominazione concedendo all'Iraq una forma di "indipendenza" che tuttavia, come ebbe a sostenere Winston Chuchill, permetteva ancora il controllo effettivo del petrolio e delle altre risorse economiche del paese da parte degli inglesi. D'altra parte l' imperialismo britannico continuava a conservare in Iraq importanti basi militari e poteva riporre assoluta fiducia nel primo ministro, Nuri Al Said. La protesta del popolo iraqeno, in ogni caso, non si arenò di fronte a tale farsa ed il Partito Comunista Iraqeno, fondato nel 1934, divenne una forza egemonica di massa. Il processo rivoluzionario apertosi in Iraq non assumeva un carattere unicamente politico, per l'indipendenza nazionale, ma di vera e propria rivoluzione sociale. Il potere, dentro una cornice apparentemente tribale, era nelle mani dei grandi proprietari fondiari e da questi diviso con una ristretta cerchia di mercanti e con l'elite militare, per lo più non autoctona. Si trattava di non più di 50 famiglie capeggiate da sceicchi e capi tribù e raccolti attorno al Re, quella stessa classe che deteneva il potere si dalla caduta dell'impero abasside e con cui gli inglesi avevano continuato a commerciare. Alle figure vassalle degli sceicchi e dei capi tribù si affiancavano i cosiddetti "sadah" e gli "ashraf",questi costituivano caste clericali poichè ritenuti "discendenti del profeta". La struttura economica era caratterizzata da rapporti di proprietà di tipo feudale che vedeva l'1% della popolazione proprietario di oltre il 50% delle terre, mentre i quattro quinti dei contadini erano senza terra. Anche nelle città la ricchezza era concentrata nelle mani dei ricchi mercanti che controllavano quasi il 60% dell'intero capitale privato. Nel gennaio del 1948 il Partito Comunista Iraqeno organizzò la più grande manifestazione nella storia della monarchia iraqena: l'insurrezione di Al-Wathbah. Il movimento fu incendiato dalle mobilitazioni studentesche per coinvolgere i lavoratori e i contadini che occuparono la terra in molte zone del paese. Decine di migliaia di persone si riversarono nelle strade e nelle piazze delle principali città dando vita ad enormi manifestazioni. Il 27 gennaio la repressione della polizia uccise 400 persone, senza riuscire a fermare la protesta. Con la fuga dell'allora primo ministro in Inghilterra venne formato un nuovo governo, nel mese di maggio inizia una nuova stagione di repressioni ed il Partito Comunista Iraqeno ne esce molto indebolito e disorientato, soprattutto quando nel 1948 l'Unione Sovietica riconosce lo stato di Israele. Nel 1955, l'imperialismo tentò di manovrare la monarchia iraqena per contenere la minaccia posta dalla crisi del canale di suez e dalla svolta popolare nasseriana, quindi USA e Gran Bretagna promuovono, sul modello NATO, una collaborazione difensiva tra le monarchia e gli stati ad essi asserviti, il cosiddetto "patto di Bagdad". Vennero dunque inviate truppe inglesi in Giordania e i marines in Libano. L'ordine di spostare truppe iraqene verso la Giordania provocò la reazione delle masse e aprì la strada alla rivoluzione iraqena del 1958. L'esercito si ammutinò e invece di dirigersi verso la Giordania marciò sul palazzo reale. Il re, il principe ereditario ed il primo ministro vennero linciati. Il nuovo governo guidato dal generale Kassem iniziò la demolizione della precedente struttura feudale definendo l'Iraq una "repubblica socialista", per tale ragione, ed anche perchè nei paesi coloniali talvolta le frange dell'esercito hanno legami popolari più saldi dei partiti, il governo ottenne l'appoggio del partito comunista iraqeno anche dopo che kassem, nel 1959, respinse la federazione dell'Iraq alla RAU. La Compagnia Petrolifera Iraqena (Ipc), venne consegnata nelle mani di quattro compagnie: una britannica, una francese, una olandese ed una USA. Nonostante l'introduzione, sotto pressione delle masse, di riforme nel campo della salute e dell'educazione, la situazione nelle campagne continuava ad essere insostenibile dal momento che la riforma agraria varata, non prevedendo la collettivizzazione della terre e il finanziamento per l'acquisto di nuovi macchinari, non risolse nessuno dei problemi principali. Masse di contadini impoveriti furono costretti a lasciare le campagne per recarsi nelle città in cerca di lavoro. Nel 1961 i curdi rivendicarono l'autonomia e il controllo dei pozzi petroliferi nel nord del paese. Kassem si rifiutò e inasprì il suo regime reprimendo l'attività del Partito democratico curdo, del partito comunista iraqeno e del Ba'ath. Inoltre, il presidente iraqeno non esitò a ricorrere al terrore per stroncare ogni forma di rivendicazione economico-sociale dei sindacati. Sarebbe stato il momento migliore per i comunisti, infatti oltre un milione di iraqeni scesero in piazza per rivendicare il potere nelle loro mani ma , sotto la direzione di Nikita Krusciov, presidente dell'Unione Sovietica, il partito comunista iraqeno non andò fino in fondo. Se il partito comunista iraqeno, che nel frattempo sotto l'azione delle giovani generazioni si era riorganizzato, tornando ad essere il maggiore soggetto politico, avesse fatto appello per il controllo operaio dell'industria del petrolio, la distribuzione della terra ai contadini, l'autodeterminazione del popolo kurdo, allora l'Iraq sarebbe diventata l'avanguardia di un movimento contro il latifondismo e il capitalismo in tutta la regione. Sarebbe stato l'inizio della rivoluzione socialista in tutti i paesi arabi. Il carattere bonapartista del regime militare si fece più marcato, anch'esso incline a stabilire relazioni diplomatiche subito dopo avversate e demolite. La debolezza dei legami diplomatici, l'esiguo consenso sociale oramai in crisi, le scelte empiriche imposte dalla necessaria conservazione del potere portarono ad un successivo colpo di Stato militare, nel 1963, con la fine del governo di Kassem. Si chiuse così la rivoluzione iraqena del '58, un evento storico unico per ampiezza, potenza e radicalità e che per molti, a torto o a ragione, rappresenta il punto più alto mai raggiunto dalla rivoluzione in Medio Oriente.

RIVOLUZIONE LIBICA

Una rivoluzione paragonabile, per molti aspetti, a quella egiziana certamente, è certamente la rivoluzione che segnò la fine della monarchia libica. Anch'essa venne condotta da un gruppo di ufficiali, sotto la guida del colonnello Gheddafi, nel 1969. Il nuovo regime chiese la restituzione delle basi straniere ed avviò una politica di nazionalizzazione dell'economia e , anche se parzialmente, dell'industria petrolifera. Riprendendo l'ideale pan-arabo, Gheddafi, nel 1974 proclamò l'unione con la Tunisia e nel 1982 propose la fusione con Algeria e Siria, progetti che tuttavia non videro mai un inizio concreto. Al pari Nasser, Gheddafi considerava l'ortodossia marxista non adatta alla società araba e si pose così alla ricerca di una "terza via" che prevedeva comunque la riorganizzazione del governo sulla base dei comitati popolari, secondo il principio del "passaggio del potere alle masse", organismi che ad ogni modo non godevano di totale autonomia. Il popolo era si proprietario dei mezzi di produzione nazionalizzati ma ad esso veniva imposto un incremento della produttività, lungo la linea di una industrializzazione accellerata tale da rendere possibile un'espansione nazionale competitiva.Anche Gheddafi , come Nasser, modifica di volta in volta la sua posizione nei confronti dell'imperialismo pur di mantenere stabile il consenso suscitato dal panarabismo nord-africano. Restano note, comunque, le espulsioni di massa dei lavoratori egiziani e tunisini e del rappresentante dell'OLP decretate dal governo libico, il sostegno offerto negli scontri in Sudan fnel 1971 e l'aggressione militare al Ciad.

RIVOLUZIONE YEMENITA

La lotta armata fu lo strumento utilizzato nello Yemen del sud per ottenere l'indipendenza nazionale. La rivolta scoppiò nelle montagne del protettorato nel 1963 e fu guidata dal Fronta di Liberazione Nazionale. I sovrani e i latifondisti del territorio rurale furono travolti dalla guerriglia. L' imperialismo britannico fu così costretto a ritirarsi e nel novembre del 1967 venne proclamata la Repubblica Popolare dello Yemen del sud. Il programma politico del Fln prevedeva l'abolizione del latifondo, la diversificazione della produzione agricola e lo sviluppo industriale. Tuttavia, la nuova repubblica nasceva in condizioni molto difficili. La crisi economica dovuta alla chiusura del canale di Suez, in seguito alla guerra arabo-israeliana, e alla partenza della guarnigione britannica creò uno stato di impasse e l'emergere di tensioni interne al Fln. Questa situazione fece schierare immediatamente la borghesia e la piccola borghesia yemenita dalla parte della controrivoluzione e, con l'aiuto dell'Arabia Saudita, venne organizzata un'azione militare contro il nuovo governo insediatosi ad Aden, capitale dello Yemen del sud. Il tali condizioni emerge emerge l'ala sinistra del Fln guidata da Salem che destituisce il governo in carica e rende velleitaria qualsiasi tipo di controffensiva della borghesia nazionalizzando l'intera economia del paese. -------------------------------------------------------------------------------- Allo scopo di eliminare il feudalesimo e il latifondismo si rese dunque necessaria, nello stesso tempo, l'eliminazione di quegli elementi di capitalismo che cominciavano a comparire nello Yemen. Lo Yemen del sud si proclamò Stato "marxista", ma si trattava in realtà, come nel caso della Siria, di un regime di bonapartismo proletario sulla base dei modelli statuali cubano e cinese. Ciò avvenne principalmente perchè la battaglia condotta dai "sinistri" del Fln yemenita si poggiò sui militari e sull'esercito lasciando passivi i lavoratori e i contadini. I marxisti si basano sui lavoratori non per qualche motivazione arbitraria, ma proprio perchè solo il protagonismo della classe operaia organizzata può realizzare la trasformazione della società in senso socialista. Un abbattimento del capitalismo per via guerrigliera o attraverso l'esercito può portare ad un cambiamento politico e sociale ma non ad uno stato operaio sano. In ogni caso, i grossi benefici portati dall'eliminazione del latifondismo e del capitalismo erano evidenti se si paragonavano le condizioni di vita dei lavoratori e dei contadini dello Yemen del sud con quelle di altri stati della regione. A Gibuti, per esempio, l'80% della popolazione era in stato di disoccupazione, fenomeno del tutto inesistente invece nello Yemen. Tuttavia, il deficit di democrazia operaia e l'isolamento di uno stato povero e tecnologicamente arretrato circondato da regimi semi-feudali ad esso ostili come l'Arabia Saudita e l'Oman, creò le condizioni per lo stratificarsi di una casta di burocrati simile a quelle di altri Stati operai deformati come l'URSS, la Cina e Cuba. Lo scrittore Fred Halliday, che aveva osservato di persona gli eventi rivoluzionari nello Yemen scrivendo un libro su di essi, aveva notato alcuni cambiamenti nella vita sociale e nelle condizioni di vita dei dirigenti dello stato yemen ita durante una visita nel 1979. Egli scrisse: "Ad Aden gli alti ufficiali di partito hanno accumulato privilegi materiali nella forma di accesso esclusivo a beni di lusso e il potere dell'esercito è diventato di gran lunga più elevato". All'inizio degli anni '80 Nasser Mohammed, capo dello stato, in accordo con l'URSS che temeva lo sviluppo della rivoluzione nel nord del paese, nell'Oman e nell'Arabia Saudita, tolse ogni forma di sostegno ai movimenti rivoluzionari dei paesi circostanti e cercò di giungere ad un compromesso con lo stato teocratico dello Yemen del nord. Chi fra i dirigenti del Partito socialista dello yemen, il partito al potere, cercò di contrastare tale linea politica, cadde vittima delle epurazioni con pene capitali e veri e propri omicidi che decapitarono la burocrazia del partito. Misure che comunque non impedirono, nel 1986,l'inizio di una guerra civile. La guerra contrappose due fazioni burocratiche e si concluse con la sconfitta di Nasser Mohammed, ma lo stato dello Yemen del Sud si indebolì fatalmente e le truppe dell'esercito dello Yemen del Nord occuparono Aden.